La Bibbia: la traduzione e le traduzioni
Basta pensare a quel povero cammello impegnato ad entrare nella cruna dell’ago, per farsi un’idea di quanto le traduzioni sbagliate abbiano influito sull’immaginario collettivo e sulla comprensione della Bibbia.
Gesù, infatti, non aveva nessuna intenzione di infilare un cammello nella cruna di ago, e parlava piuttosto di una “gomena” o “camallo”, ovvero un tipo di corda particolarmente grossa che si usa in marina. E che dire di quel celebre “Ave Maria” che non è stato mai pronunciato? (“Rallegrati o piena di grazia” è la traduzione corretta).
“La semplificazione e talvolta impoverimento del messaggio biblico, la proiezione di proprie interpretazioni ed idee sul testo, il Fraintendimento di parole antiche e lontane” sono solo alcuni dei rischi della traduzione delle Sacre Scritture, spiega Emanuela Buccioni, autrice del volume La traduzione e le traduzioni che sarà presentato giovedì 26 maggio alle 17.30 al Cenacolo San Marco di Terni, nel corso di un incontro a cui prenderanno parte – oltre all’autrice – anche la teologa Lilia Sebastiani e il giornalista Arnaldo Casali.
“Solo una piccolissima minoranza di fedeli è in grado di leggere la Scrittura nelle lingue originali, comprendendone altresì in modo adeguato usi espressivi e contesto culturale” continua Buccioni. “Il traduttore si trova allora a comunicare non solo contenuti semantici, ma è di fatto un mediatore culturale. Conoscendo il sistema linguistico di partenza e di arrivo, deve continuamente fare delle scelte valutando le possibili conseguenze delle diverse possibilità di traduzione che in genere comportano delle perdite”.
Emanuela Buccioni, laureata in ingegneria all’Università di Perugia e in teologia biblica alla Pontificia Università dell’Angelicum, è una consacrata dell’Ordo Virginum e si è occupata molto di ecumenismo. La prefazione del libro è stata curata da Valdo Bertalot, direttore della Società Biblica Britannica e forestiera, casa editrice protestante nata nel 1804.
“A fronte delle molteplici affermazioni magisteriali che incoraggiano la continua opera di traduzione e inculturazione del vangelo e che vengono analizzate nel primo capitolo – spiega ancora Buccioni – la prassi ecclesiale ha spesso contraddetto il cammino di diffusione della Parola, in particolar modo non fornendo dei criteri oggettivi e coerenti sulla base dei quali i traduttori della Bibbia potessero lavorare, ma solo riservandosi l’ultima parola sull’approvazione o meno della traduzione stessa, oppure rimandando a traduzioni antiche di comprovata autorità”.
Anche grazie allo sviluppo vertiginoso delle tecnologie di supporto, le traduzioni disponibili anche solo di porzioni della Bibbia sono passate dalle 81 del 1804 alle quasi 2900 odierne. Dopo il Concilio Vaticano II, i progetti di traduzione hanno visto la partecipazione di cattolici alle équipe di traduttori e consulenti.