Intervista a don Francesco Soddu: “Sono nato povero e con i poveri devo rimanere”

di Arnaldo Casali 

Dopo un francescano arriva Francesco: il 5 gennaio 2022 padre Giuseppe Piemontese, frate minore conventuale arrivato dalla Puglia e vescovo di Terni dal 21 giugno 2014, presiede l’ordinazione del suo successore don Francesco Antonio Soddu, primo sardo a guidare le chiese di Terni, Narni e Amelia.

Nato a Chiaromonti il 24 ottobre 1959 e prete dal 1985, monsignor Soddu è stato direttore della Caritas di Sassari dal 2005 al 2012, quando è diventato direttore della Caritas italiana. In questa veste ha visitato per ben due volte Terni: la prima volta nel 2013, in occasione dell’inaugurazione del centro Caritas di Via Vollusiano e la seconda nel 2019, per presentare i nuovi servizi attivati nello stesso centro.

Il 29 ottobre 2021 è stato scelto da papa Francesco come nuovo vescovo di Terni, e con un gesto insolito (visto che i prelati eletti generalmente non mettono piede in diocesi – almeno ufficialmente – prima dell’ingresso solenne) pochi giorni dopo la nomina ha passato a Terni

un’intera giornata – il 16 novembre – incontrando il vescovo Piemontese, i dipendenti della  Curia e i rappresentanti delle associazioni cattoliche, visitando la basilica di San Valentino e il monastero delle Clarisse e pranzando alla mensa della Caritas.

Lo incontriamo nel suo ufficio di Roma, in via Aurelia. Lo sguardo raggiante e la voce piena di entusiasmo, sta ultimando i preparativi per l’ordinazione che – come per i vescovi Gualdrini e Piemontese – coinciderà anche con l’ingresso in diocesi, visto che si svolgerà nella Cattedrale di Terni, dove non vede l’ora di arrivare.

Cosa sapeva di Terni prima di diventarne vescovo?

 «In questi dieci anni da direttore della Caritas italiana ho avuto modo di visitare la maggior parte delle diocesi d’Italia per i più svariati motivi, basti pensare a quelle colpite da emergenze come terremoti e alluvioni. Per quanto riguarda Terni, l’ho conosciuta per varie ragioni: perché negli uffici della Caritas italiana lavorano diverse persone della diocesi di Terni e perché l’attuale vicario generale, don Salvatore Ferdinandi, è stato uno dei miei maestri fin dai primi passi in Caritas come direttore a Sassari».

La prima volta che è venuto a Terni è stato accolto dai fischi e dalle proteste dei residenti di via Vollusiano, che accusavano il “dormitorio” di portare degrado nel quartiere. Polemiche che si sono dimostrate in seguito immotivate, visto che quella sede della Caritas è diventata poi un centro di eccellenza, dove oggi si fanno addirittura produzioni cinematografiche con il progetto Innovater.

 «Quando arrivai la prima volta in Via Vollusiano ricordo che raccomandai di non essere scoraggiati o scandalizzati, perché la storia della Caritas ci insegna che tutte le opere più importanti nascono con una grande criticità per poi diventare – con il tempo – dei fiori all’occhiello. Pensavo ad esempio al caso di Villa Glori a Roma, e i fatti mi hanno dato ragione» .

L’Umbria è “un’isola senza mare” che in comune con la Sardegna ha forse solo la desinenza delle parole dialettali in “u”. Cosa porterà a Terni della sua terra?

«Un sardo si porta sempre dietro la propria terra, ma il Signore con la chiamata ad essere direttore della Caritas italiana mi ha sradicato: mi sono abbandonato a questa parentesi bella della mia vita che allora ho vissuto in modo abbastanza sofferto. Il giorno dopo della mia  trasferta continentale ho potuto percepire però la bellezza di sentirmi a casa ovunque  andassi. Da quando sono stato ordinato prete nel 1985 non c’è mai stato nulla di ripetitivo nella mia vita: tutti gli incarichi che mi sono stati affidati sono stati un vaso ricco di dono e di esperienza e tutto questo lo porterò nel mio nuovo ministero di vescovo della diocesi di Terni»

Come, quando e perché ha scelto di diventare prete?

«Non l’ho scelto io, ma sono stato condotto dal Signore e dagli eventi. Da bambino, sì, avevo il gusto di giocare a fare il prete come facevano i chierichetti e mi piaceva molto la figura del mio amatissimo parroco che poi mi introdusse alla vita del seminario. Allora si entrava alla prima media, poi ho frequentato da esterno il liceo classico. Sono pieno di gratitudine al liceo Azuni di Sassari, perché ho incontrato insegnanti eccezionali, con vedute diverse della vita ma che mi hanno educato alla libertà, ed è stato molto bello ritrovare alcuni di loro come colleghi quando sono tornato come docente di religione. In quel periodo mi sono posto molti interrogativi sulle scelte da fare nella mia vita, e sotto questo profilo sono stati molto importanti anche gli anni al Seminario regionale di Cagliari. Devo dire che ho avuto un accompagnamento sapiente da tutti quelli che si sono occupati della mia formazione».

C’è qualcuno che l’ha ispirata, che ha preso come modello?

«Per primo il mio parroco: senza di lui non avrei mai espresso il desiderio di entrare in Seminario, e poi anche il vescovo che mi ha ordinato: era una persona mite e forte insieme. Ecco, queste persone miti e forti insieme sono i principali punti di riferimento della mia vita».

Anche Francesco d’Assisi era mite e forte insieme.

«Devo ringraziare davvero tanto i miei genitori, che mi hanno inquadrato in questa vita cristiana tenendo presenti le vite di Francesco d’Assisi e Antonio di Padova, di cui porto i nomi. Un’intuizione, quella di mia madre e di mio padre, che ancora oggi mi accompagna».

Oggi Francesco è anche il nome del papa che l’ha scelta come vescovo. Un papa che, come la Caritas, ha scelto di stare dalla parte dei poveri, generando per questo anche molti malumori in seno alla stessa Chiesa. Lei che vive questa scelta preferenziale da diciassette anni come la attuerà a Terni?

 «Il giorno dell’elezione di papa Francesco io mi trovavo a Bergamo. Mentre stavo andando all’aeroporto mi telefona un confratello che stava a Roma e mi dice che la fumata era bianca, facendomi sentire l’esultanza della gente in piazza San Pietro. Poi arrivato all’aeroporto, mi aggiornava sugli eventi e a un certo punto mi dice “Francesco!”. E io: “Sì, sono qui, ma dimmi il nome del papa”, e lui: “Francesco! Si chiama Francesco!”. L’ho detto in aeroporto e tutti hanno applaudito e ci siamo commossi, perché in quel nome abbiamo letto il programma di questo pontefice. Papa Francesco è un faro per la Caritas: ci insegna a non parlare dei poveri ma con i poveri e a sentire che sono i nostri maestri: essi ci evangelizzano” ».

Non a caso la prima cosa che Lei ha fatto a Terni è stata mangiare con i poveri.

«Non si può parlare dei poveri se non si sta con i poveri. Non si può capire la storia se non la si vede con gli occhi dei poveri».

Che cosa le hanno insegnato i poveri?

 «Un giorno mentre rientravo da un campo nomadi ho incontrato mia madre e le ho detto: “Sto rientrando dal campo dei nomadi e sto veramente bene” e lei mi ha risposto: “Non vedo come tu possa stare bene se non con i poveri”. Sono nato povero e con i poveri devo rimanere, gustando con loro il sapore della vita, affinché quel sapore della vita sia sempre la trama essenziale di ciò che il Signore mi dà da vivere».

Quindi condivisione più che beneficenza.

 «Nella misura in cui si condivide si capiscono le persone, e non solo i poveri, perché tutti siamo poveri e se non si condivide ci si divora a vicenda».

Quali saranno le prime cose che farà a Terni?

 «Una cosa sola è chiara, e cioè che non intendo lavorare da solo. Papa Francesco ha affidato alla chiesa italiana un cammino sinodale e la diocesi di Terni l’ha cominciato molto bene: voglio inserirmi in questo percorso ed essere un pastore secondo il cuore di Cristo, nella porzione di gregge che mi è affidata a Terni, Narni e Amelia».

Che cosa ha capito di questa terra che fra pochi giorni diventerà la sua nuova patria?

«Non lo so, ma una cosa l’ho capita: sento già di amarla e non vedo l’ora di iniziare!».

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