Tre film da recuperare su Gesù (e tre sopravvalutati)

di Arnaldo Casali

Questa Pasqua che siamo costretti a vivere restando in casa davanti ad uno schermo può diventare l’occasione per recuperare alcune pietre miliari del cinema evangelico. Vi proponiamo tre capolavori imperdibili, e ve ne segnaliamo altrettanti sopravvalutati.

I GIARDINI DELL’EDEN 
di Alessandro D’Alatri (1998)

Forse il film più innovativo e coraggioso mai realizzato sulla figura di Gesù Cristo, che ha lanciato un vero e proprio genere, che conta per ora – purtroppo – solo quattro opere.

E’ una rilettura dei Vangeli filologica e al tempo stesso attualizzante, che si libera da tutti gli stereotipi radicati nell’immaginario e nell’iconografia per avvicinarsi alla figura umana e storica di Gesù, e non certo con intenti meramente provocatori e artistici.

I Giardini dell’Eden  ha molti primati: è il primo film che indaga la giovinezza di Gesù, quel periodo – compreso tra i 12 e 30 anni – di cui i Vangeli non parlano e, di conseguenza, mai raccontato al cinema. Ma è anche il primo film su Gesù scritto insieme da un regista cattolico e uno scrittore ebreo: Miro Silvera. Si tratta quindi di un’opera che riconcilia Cristo anche con la religione e la cultura ebraica. Religione e cultura che, peraltro, Gesù non ha mai rinnegato (è stato san Paolo l’artefice della rottura).

Kim Rossi Stuart – nel ruolo del giovane Jeoshua bem Josef – è affiancato da un cast composto in gran parte da attori nordafricani con deliziose comparsate di Massimo Ghini e Jovanotti. Indimenticabili le musiche di Pivio e Aldo De Scalzi e la scena della lotta con il demonio nel deserto.

La più grande innovazione – anche sotto il profilo teologico – di questo film, sta nel mostrare Gesù come un giovane in ricerca, raccontandone la formazione umana, religiosa e spirituale. Una visione che contrasta nettamente con L’Uomo-Dio che conosce da sempre il suo destino e sin da bambino fa profezie e miracoli, lontana dalla tradizione ma assolutamente fedele ai Vangeli.

Il film è valso l’Angelo alla carriera ad Alessandro D’Alatri alla quarta edizione del Terni Film Festival ma è costato moltissimo alla sua carriera: il film, infatti, fu stroncato dalla critica laicista (che accusò, di fatto, uno dei talenti più apprezzati nel nuovo cinema italiano di essersi convertito al cattolicesimo) e guardato inizialmente con diffidenza dalla Chiesa (che scandalizzata dall’umanizzazione di Cristo, accusò il film di essere New Age, salvo poi recuperarlo in seguito e consigliarlo come visioni per la quaresima).

Dodici anni dopo un’operazione analoga fu fatta, con la figura di Maria, da Guido Chiesa con Io sono con te (presentato al Terni Film Festival nel 2011 e successivamente portato anche al Sacrofilm di Zamosc e alle Giornate di Cinema e Riconciliazione di Notre-Dame de La Salette) che seguì un destino analogo. Il terzo esempio di questo genere di film lo presentiamo di seguito, mentre l’ultimo è lo splendido Maria Maddaena di Garth Davis,  presentato al festival dalla teologa Lilia Sebastiani nel 2018, che restituisce verità e dignità al più importante personaggio femminile dei Vangeli – rappresentato finora sempre come una prostituta – e di cui trovate qui la nostra recensione. 

HISTORIE DE JUDAS
di Rabah Ameur-Zaïmeche (2015)

Giuda è senza dubbio la figura più misteriosa, enigmatica e inquietante del Nuovo Testamento e per questo è stata oggetto di riletture di ogni genere, anche al cinema: da Jesus Christ Superstar L’ultima tentazione di Cristo; letture – però – sempre apocrife, basate magari sul fantomatico Vangelo di Giuda, privo di qualsiasi attendibilità storica o teologica.

Il film dell’attore e regista algerino Rabah Ameur-Zaimeche – vincitore dell’edizione 2015 del Terni Film Festival – è invece l’unico ad indagare la figura dell’apostolo maledetto (interpretato dallo stesso regista) sotto il profilo umano e storico. Si tratta anche del primo film tratto dai Vangeli anche geograficamente più vicino a Gesù,  in cui Cristo non è biondo con gli occhi azzurri ma ha il volto mediorientale di Nabil Djedouani.

Tra le scene memorabili quella – particolarmente realistica e violenta – della cacciata dei mercanti del tempio, che diventa quasi un atto vandalico da parte di Gesù e dei suoi discepoli.

Il film non è uscito in Italia. In attesa che sia possibile organizzare una nuova proiezione al festival, vi consigliamo di vederlo in francese: le immagini sono abbastanza potenti da renderlo fruibile anche senza traduzione.

JESUS CHRIST SUPERSTAR
di Norman Jewinson

Se non l’avete ancora visto, è tempo di farlo. E se vi aspettate un film fricchettone e datato, resterete sorpresi: perché Jesus Christ Superstar – tratto dall’opera musicale che proprio quest’anno compie cinquant’anni – è uno dei film più innovativi mai girati su Gesù, sia sotto il profilo religioso che cinematografico e anche profondamente attuale: non solo per quanto riguarda le musiche, ma anche per la regia, la sceneggiatura, i costumi, e le incredibili scenografie naturali (è l’unico film tratto dai Vangeli girato in Israele).

È anche il più laico: Gesù non è figlio di Dio (o almeno non sa di esserlo), rifiuta di fare miracoli e il regista ha persino eliminato la resurrezione, anche se la sagoma di un pastore entrata in campo per errore nell’ultima inquadratura, sembra reintrodurla in modo involontario, ma straordinariamente significativo e poetico.

Maria Maddalena ha i tratti giapponesi, mentre Giuda – vero coprotagonista del film – è un afroamericano. Nella primissima versione discografica Gesù era il cantante dei Deep Purple, mentre il protagonista del film – Ted Neeley – gira ancora i teatri nei panni di Cristo.

Nel 2000 ne è stato fatto un remake. Ma nessuno se ne accorto.

Nello stesso anno in cui uscì l’album in America, da noi Fabrizio De André fece la sua Buona Novella, molto diverso sotto il profilo musicale ma con le stesse istanze, mentre uno dei più grandi successi del musical – Everything’s all right – fu cantato in italiano da Adriano Celentano e Claudia Mori.

IL RE DEI RE
di Nicholas Rey (1961)

Il kolossal dei kolossal sui Vangeli, guardato con un minimo di spirito critico, è anche un capolavoro del ridicolo. E l’essere datato non è una giustificazione: non dimentichiamo che i film di Chaplin sono ancora attualissimi, e che – restando nel genere nell’epoca – nel 1961 è stato realizzato Barabba, nel 1959 Ben Hur e ne 1956 I dieci comandamenti.

Il polpettone hollywoodiano ha imposto per quasi vent’anni l’iconografia cinematografica dei Vangeli con tutti gli stereotipi e i tic del caso. Girato tutto in Spagna, sposa il cinema religioso al classico film di guerra, seguendo le vicende degli ebrei rivoltosi guidati da Barabba.

Alcune perle della sceneggiatura che denotano la profonda ignoranza degli sceneggiatori: “Il più grande tempio di Israele”; peccato che nella religione ebraica di tempio ce ne sia uno solo, quello di Gerusalemme. A differenza di pagani e cristiani, gli ebrei non hanno tanti luoghi di culto, ma solo quello dove risiede Dio. “La Pasqua ebraica”: come se ce ne fossero diverse ai tempi di Gesù! E come se gli antichi romani, parlando tra loro, dicessero “antichi romani” o “siamo nel 7 avanti Cristo!”.

L’ULTIMA TENTAZIONE DI CRISTO
di Martin Scorsese

Come Il Codice da Vinci deve il suo successo allo scandalo generato tra i cattolici. Giovanni Paolo II – su spinta del cardinale Foley – arrivò a proibirne la visione.

Esattamente come l’opera di Dan Brown, il film di Scorsese – presunte blasfemie a parte – è semplicemente un’opera strampalata, che tira fuori il peggio della religiosità e il Cristo più brutto mai visto al cinema.

Al contrario di D’Alatri, Scorsese non umanizza la figura di Gesù per renderlo più vicino agli uomini, ma per attribuirgli i peggiori difetti degli esseri umani. Se D’Alatri propone un giovane in ricerca, Scorsese ci mostra un Dio tormentato. Il Cristo a cui (scelta azzeccatissima) dà il volto Willem Dafoe (“cattivo” del cinema per antonomasia) è ossessionato dal peccato, dal sesso, dal narcisismo, e che tuttavia è pienamente consapevole del suo destino.

Paradossalmente il film non ha niente di innovativo ma – al contrario – usa immagini provocatorie (come la celebre scena di sesso con Maddalena) – per sostenere in realtà una visione del cristianesimo  estremamente conservatrice e bigotta.

GESU’ DI NAZARETH
di Franco Zeffirelli

Alla sua uscita fu un’opera profondamente innovativa. D’altra parte rispetto alle pacchianate hollywoodiane o alla “sacra rappresentazione” neorealista di Pierpaolo Pasolini, il Gesù di Zeffirelli era assai più filologico, completo e aderente ai Vangeli. Oggi, però, risulta un film datato, decisamente superato da molte opere che lo hanno seguito, a cominciare dallo stesso film – pur discusso e discutibile – di Mel Gibson, indubbiamente più realistico.

Il bel Gesù dallo sguardo intenso e gli occhi azzurri di Robert Powell – che ha fatto tanta scuola negli anni ’70 fino a rivoluzionare l’iconografia stessa di Cristo – oggi risulta stucchevole, come stucchevole è la voce sussurrata e di Pino Colizzi persino sulla croce, e se la salita al Golgota resta l’unica rappresentata in modo filologicamente corretto (con il patibolo sulle spalle, e non l’intera croce trascinata) la figura di Maria di Magdala è ancora stereotipata (la prostituta redenta).