Chiara Frugoni: “Io, inviata nel Medioevo sulle orme di papà”
di Arnaldo Casali
“Mio padre non voleva che facessi la carriera universitaria, e scrisse una lettera per non farmi prendere alla Normale”.
Grande narratrice del medioevo, Chiara Frugoni, scomparsa a 82 anni la Domenica delle Palme, è stata tra i primi accademici a rendere “pop” gli studi medievali e si è affermata come la più celebre studiosa di Francesco d’Assisi con veri e propri “scoop”, come le ipotesi scientifiche sulle stimmate o la scoperta di un diavolo nascosto in un affresco di Giotto. Un carisma e una popolarità che l’hanno portata anche a collaborare con artisti come Vinicio Capossela e Susanna Nicchiarelli (che sta realizzando il primo film su santa Chiara), riuscendo ad affrancarsi dalla pesante eredità lasciatagli dal padre Arsenio, tra i più importanti medievisti del Novecento.
Proprio di lui aveva parlato a lungo quando ci siamo incontrati, qualche mese fa al Festival del Medioevo di Gubbio. Una chiacchierata davanti a un caffè diventata così interessante che le avevamo chiesto di poterla registrare, e che suona oggi come una sorta di testamento spirituale.
“Mio padre ha insegnato per molti anni alla Normale di Pisa, e per questo io non avevo potuto fare il concorso lì. Poi si è trasferito a Roma, ma aveva talmente tanta paura che passassi per raccomandata, che ha scritto una lettera, affissa su una bacheca, in cui consigliava di non prendermi perché non ero adatta alla ricerca”.
E che cosa voleva che facesse?
“La bibliotecaria. Cosa che mi piaceva anche, ma la mia passione era studiare. Anche se mi sentivo sempre all’ombra di mio padre e pensavo: qualsiasi cosa farò sarà una schifezza rispetto a quello che ha fatto lui”.
Nel 1970, però, una tragedia ha distrutto la sua famiglia.
“Un terribile incidente stradale in cui sono morti mio padre e mio fratello, mentre mia madre è stata malissimo per due anni. Non si è mai capito che cosa sia successo esattamente: erano a Cecina e diluviava. Sembra che un camion abbia urtato la loro macchina, e in qualche modo l’abbia agganciata facendola rovesciare e finire contro un albero. A quei tempi non c’erano le cinture di sicurezza: mio padre, che guidava, è morto sul colpo, mio fratello la sera in ospedale. Mia madre è rimasta a Cecina, perché era intrasportabile”.
Quanti anni aveva quando è morto suo padre?
“Lui aveva 56 anni, io trenta. A quel punto mi sono rimessa a studiare e sono finita in cattedra a quarant’anni. Anche per questo non ero specializzata su un tema, e ogni volta che vedevo qualcosa che mi interessava la studiavo. Quindi di fatto sono saltata da un argomento all’altro, prima di arrivare a Francesco d’Assisi, che è stato il grande amore della mia vita”.
Come l’ha incontrato?
“Nei primi anni di insegnamento avevo pensato di tenere un corso su san Francesco. Ma prima di cominciare mi era preso il panico perché ogni fonte dice una cosa completamente diversa e lo stesso Tommaso da Celano, che è il primo biografo, a distanza di quindici anni cambia completamente il suo racconto; quindi è una buona palestra per uno storico”.
Lei ha lavorato molto per sfatare alcuni luoghi comuni, come la “cattiveria” di frate Elia.
“Sono rimaste solo fonti negative, e quindi è molto difficile capire quale sia stato il suo ruolo, anche se dopo la morte di Francesco diventa il capo dei francescani. Va sottolineato che Elia era laico, come anche Francesco, e si oppone alla clerlicalizzazione dell’ordine che avviene subito dopo la morte del fondatore. Il progetto di Francesco era mettere in pratica alla lettera il Vangelo, Elia, invece, era l’uomo del compromesso e voleva una “normalizzazione” dell’ordine. E’ lui che fa costruire la gigantesca basilica di Assisi che glorifica Francesco e al tempo stesso ne contraddice gli ideali. Posso permettermi una piccola impertinenza?”.
Prego.
“Quando il corpo di Francesco viene traslato nella Basilica il santo smette di fare miracoli, mentre a fianco alla sua tomba c’è quella di un frate inglese che ne fa moltissimi. Allora Elia va sulla tomba di questo frate e gli dice: ‘Ti comando per santa obbedienza di smettere di fare miracoli, perché fai ombra a Francesco che non ne fa nessuno’. Il frate obbedì e non ci furono più miracoli”.
Tra le sue scoperte più recenti c’è un demone nell’affresco di Giotto che raffigura la morte di Francesco.
“Nessuno se ne era mai accorto prima eppure c’è un diavolo nella nuvola che porta l’anima di Francesco in cielo. San Bonaventura in una sua opera spiega che i diavoli abitano le nuvole, da dove fanno scaturire i temporali. In quella scena si vedono dei troni vuoti: quello al centro è di Lucifero, l’angelo ribelle. Francesco sta andando ad occuparlo e il diavolo lo osserva. Mi sono chiesta anche come mai le pareti della Basilica sono rimaste bianche per cinquant’anni: i frati non sapevano cosa raccontare perché c’era una distanza troppo grande tra l’esempio di Francesco e quello che l’Ordine era diventato. Bonaventura – anche attraverso le stimmate – divinizza Francesco che non può più essere imitato ma solo ammirato. Negli affreschi, infatti, Francesco è sempre a piedi nudi e con la barba, i compagni invece hanno tutti le scarpe e sono rasati”.
Recentemente si è dedicata molto alla vita quotidiana nel medioevo. Un tema che aveva affrontato proprio insieme a suo padre.
“In realtà mio padre aveva fatto una conferenza per la Rai, che era diventata un libretto troppo piccolo per ripubblicarlo da solo, così quella conferenza qualche anno fa è diventata l’introduzione del libro Storia di un giorno in una città medievale, di cui io ho poi curato la parte iconografica”.
Nel 2022 è tornata alle origini con La fortuna di Alessandro Magno, dall’Antichità al Medioevo, che nel 1978 era stato il suo primo libro in assoluto.
“Si rifaceva ad uno studio ancora precedente, effettuato proprio per il mio perfezionamento alla Normale e dedicato all’ascensione in cielo di Alessandro, di cui ho studiato tutte le immagini girando l’intera Europa grazie a una borsa di studio. E’ una leggenda interessante perché ha un significato diverso in occidente e oriente: nel mondo bizantino è il prototipo dell’imperatore che sale al cielo, mentre in occidente rappresenta l’orgoglio punito”.
Il suo ultimo libro, invece, è dedicato alle donne del medioevo.
“Le donne sono assenti dai libri di storia, come se questa metà del mondo non avesse mai partecipato alla vita del passato. Per questo ho voluto riunirne alcune indomite e avventurose, come Matilde di Canossa, Christine de Pizan e la papessa Giovanna, in realtà leggendaria, ma che dimostra come anche i miti siano stati importantissimi nel plasmare l’idea delle donne che ci siamo portati dietro fino a oggi. D’altra parte, come disse Charlotte Whitto, sindaca di Ottawa negli anni ‘50: Qualsiasi cosa facciano le donne, devono farla due volte meglio degli uomini per essere apprezzate la metà. Per fortuna non è una cosa difficile!”.
(da “Avvenire” del 24 aprile 2022)