“Anche la scelta del ristorante può combattere la mafia”
“La mafia non è solo droga, sparatorie, morti: la mafia è anche il ristorante dove vai a mangiare, persino la farmacia insospettabile. Allora non dobbiamo raccontare solo le storie degli eroi, ma anche quelle di chi combatte la criminalità organizzata nella quotidianità”.
A dirlo è Giulia Minoli, autrice del documentario Se dicessimo la verità, nel video pubblicato dall’Istess in occasione dei trent’anni dall’omicidio di Paolo Borsellino.
“La narrazione dell’antimafia è tutta concentrata su figure come Falcone e Borsellino senza le quali la lotta alla criminalità non sarebbe lo stessa, ma è importante capire che tutti noi abbiamo il dovere di combattere la mafia ogni giorno, facendo il nostro dovere”.
Minoli è stata ospite all’ultima edizione del Terni Film Festival per presentare con l’allora direttore artistico Riccardo Leonelli il documentario girato insieme a Emanuela Giordano, e dedicato alla più potente e invisibile delle mafie: la ‘Ndrangheta.
“Sulla camorra e su Cosa nostra ci sono tantissimi film e documentari – spiega Minoli – mentre sulla ‘Ndrangheta non c’è praticamente niente, al parte il film Anime nere. E’ proprio evitando che si accendessero i riflettori su di sé che la ‘Ndrangheta è riuscita a diventare la più potente delle mafie, anche a livello internazionale, espandendosi in Germania, a Londra, persino in Australia”.
“Ogni giorno – continua Minoli sul palco del Cinema Politeama – ci sono donne che spariscono e omicidi, ma di tutto questo non trovate una sola riga sui giornali nazionali”.
Il film Se dicessimo la verità, disponibile su RaiPlay, nasce da un laboratorio teatrale che da dieci anni Minoli realizza nelle scuole, e che ha coinvolto 60mila studenti.
“Il teatro è uno strumento potentissimo, e ci aiuta ad aprire porte che altrimenti sarebbero sbarrate. In Calabria se tu provi ad andare in una scuola della locride dicendo che vuoi fare un laboratorio di educazione alla legalità non ti fanno nemmeno entrare. Noi, invece, proponiamo un laboratorio teatrale e poi utilizziamo lo strumento del teatro per parlare di temi molto difficili”. “Nella locride – aggiunge la regista – c’è una situazione che qui non possiamo nemmeno immaginare: ragazze di quindici-sedici anni che non hanno il coraggio di parlare, perché se le ascolta il figlio del boss subiranno delle conseguenze”.
Se dicessimo la verità, presentato in concorso alla XVII edizione del Terni Film Festival dove ha ottenuto il premio per il miglior montaggio, è al tempo stesso una sintesi del progetto teatrale e un’approfondita indagine sul fenomeno della ‘Ndrangheta.
“Tutti noi – ribadisce la regista – possiamo contribuire alla lotta alla mafia, attraverso l’informazione. La nostra parola d’ordine è ‘Facci caso’: io personalmente a Roma ho smesso di frequentare ristoranti dove ho scoperto che si ricicla denaro, o che sono in mano a prestanome. Il fenomeno riguarda molto spesso anche le farmacie, soprattutto al nord Italia. Tutti noi possiamo farci caso, ed evitare renderci complici della mafia”.