Jerzy Stuhr, grande amico del Terni Film Festival
Quando Nanni Moretti presentò Il Caimano al cinema Politeama di Terni io ero già fan di Jerzy Stuhr da qualche anno.
Il suo volto e la sua mimica erano qualcosa di indelebile. Ogni polacco che sentivo parlare in italiano mi faceva pensare a lui, ma l’unica volta in cui l’avevo visto dal vivo era stato al funerale di Giovanni Paolo II, al quale aveva partecipato come docente dell’Università di Cracovia, indossando sulla giacca l’austero stemma della Jagellonica.
Non mi ero trattenuto quindi – dalla platea – di chiedere a Nanni perché l’avesse voluto nel suo cast, nel buffissimo ruolo del produttore associato Jerzy Sturowski.
“Quando faccio un film cerco di chiamare attori con cui avrei voglia di lavorare. Ho proiettato i film di Stuhr al Nuovo Sacher: il primo è andato molto bene, il secondo è andato molto male. Ma è una persona estremamente piacevole, e avevo voglia di lavorare con lui”.
Non solo un grande artista e un grande comico, dunque, ma anche “una persona molto piacevole”. Quel giorno ho deciso che avrei dovuto conoscere personalmente Stuhr.
Ci sarei riuscito pochi mesi dopo, quando Jerzy divenne uno degli ospiti di punta della seconda edizione del Terni Film Festival, rivelandosi non solo persona piacevole, ma uomo simpaticissimo e autentica miniera di aneddoti.
Sposatosi giovanissimo con una violoncellista – Barbara – con cui è restato tutta la vita e con cui ha avuto due figli, Maciej (oggi tra i più importanti attori polacchi della sua generazione) e Marianna, Jerzy ha debuttato al cinema nel 1975 insieme a Krzysztof Kieslowski.
Il paradosso è che se in Italia (almeno fino al Caimano) era conosciuto proprio per aver interpretato i film di Kieslowski, in Polonia era il contrario: il divo – tra i due – era lui. “Quando andavamo in giro in automobile, Krzysztof fingeva di essere il mio autista: suonava il clacson alla gente e ammiccava additandomi”.
Tra gli anni ’70 e gli anni 2000 Jerzy Stuhr diventa infatti il più popolare attore polacco. Oltre a lavorare con i più grandi registi del suo paese – da Krzystof Zanussi (con cui gira 4 film dal 1981 al 2006) ad Agnieszka Holland e Andrzej Wajda – Jerzy è protagonista di alcune tra i più grandi classici della commedia, da Seksmisja (paradossale viaggio nel tempo in un mondo dominato da feroci femministe – che in Polonia è tanto popolare quanto da noi Fantozzi) a Kiler (paragonabile, quanto a popolarità, forse ad Amici miei).
Proprio l’anno in cui Kieslowski gira il suo ultimo film – il 1994 – Jerzy debutta come regista, con L’elenco delle adultere.
I due film successivi – Storie d’amore e Sette giorni nella vita di un uomo – saranno grandi successi internazionali, distribuiti anche in Italia, mentre a costargli la carriera sarà, paradossalmente, proprio il suo capolavoro: Grossa bestia, uscito nel 2000 e tratto da un soggetto inedito di Kieslowski.
“Me lo consegnò la vedova – mi raccontò – Non era il progetto per un nuovo film, ma un soggetto risalente agli anni ’70, che sarebbe dovuto essere il primo film di Krzysztof”.
Girato per la televisione polacca, il film dura appena 60 minuti, unisce umorismo e poesia e Jerzy vuole farlo ostinatamente in bianco nero, rompendo per questo i rapporti con il distributore italiano.
Il film sarà pubblicato in dvd anche negli Stati Uniti, ma in Italia girerà solo per i festival (noi lo proiettiamo nel 2012, in occasione della consegna a Jerzy dell’Angelo alla carriera).
Il film successivo – Pogoda da jutro (che io traduco con “Che tempo fa”) – viene proiettato solo al Terni Film Festival, così come il successivo Koròwod (“Il girotondo”).
Intanto nel 2000 Jerzy – che lavora in teatro in Italia dal 1979 – approda anche nel cinema italiano con La vita altrui di Michele Sordillo, cui segue – nel 2006 – Il Caimano, che inaugura il sodalizio con Nanni Moretti.
Paradossalmente, quello che per trent’anni era stato l’attore più popolare del cinema polacco, dal 2010 lavora solo in Italia. Dopo Mistyfikacja di Jacek Koprowicz in Polonia (in cui nel frattempo il vento politico è molto cambiato, e al potere è arrivata l’estrema destra dei fratelli Kaczynski) l’unico film in cui recita in polacco è la sua ultima, travagliatissima regia: Il cittadino, uscito nel 2014 dopo tre anni di lavoro e presentato al Terni Film Festival nel 2017.
Sempre più registi italiani, invece, lo chiamano: Guido Chiesa nel 2010 gli affida il ruolo di uno dei magi in Io sono con te, l’anno dopo Nanni Moretti lo vuole in Habemus Papam, dove lo provina come cardinale per assegnargli poi il ruolo di portavoce della Santa Sede, mentre è il capo dei gesuiti Pierre-Jean Beckx per L’ultimo papa Re di Luca Manfredi, che nel 2012 gli consegna l’Angelo alla carriera insieme a Krzysztof Zanussi e Giovanni Pampiglione.
Nel 2017 Bruno Colella gli affida il ruolo di un buffissimo produttore cinematografico innamorato di Serena Grandi in My Italy, mentre l’anno dopo interpreta Rimetti a noi i nostri debiti di Antonio Morabito.
Anche il suo testamento artistico è in italiano: nel 2022 gira Non morirò di fame di Umberto Spinazzola (terzo Angelo al Terni Film Festival) e Il Sol dell’avvenire di Nanni Moretti.
Quello che non ha mai smesso di fare, in patria, è invece il teatro: non a caso l’ultima volta che l’ho visto è stato proprio in occasione della prima del suo spettacolo su Lech Walesa, nel 2019 a Cracovia. Un’interpretazione magistrale, che ti consentiva di capire quasi tutto senza capire una parola. Che è esattamente quello che fa un grande attore.
Addio a Jerzy Sthur, “Angelo” del cinema: dal Decalogo all’amicizia con il Terni film festival
TERNITODAY
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AVVENIRE – 10 luglio 2024